Di fronte alla presenza di molte persone di diversa età anagrafica, professione ed appartenenza politica è stata aperta ufficialmente la prima tavola rotonda grossetana della TV e della carta stampata, composta dai maggiorenti delle principali testate giornalistiche e redazioni televisive locali.
L’incontro, organizzato per approfondire il ruolo della comunicazione e dell’informazione giornalistica in rapporto all’opinione pubblica, al fine di analizzarne meglio i riflessi sociali, etici e di servizio, ha tramutato per un giorno il salone delle feste dell’hotel Granduca nel gota dell’establishment mediatico grossetano, un naturale luogo di interscambio tra professionisti di diversa estrazione culturale e linee di pensiero.
Al Prof. Enrico Cheli, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Siena, è toccato aprire il dibattito. Il professore ha da subito puntato il dito contro l’attuale quadro normativo, che a suo dire non contempla un’efficace legislazione atta a regolare in modo coerente e giusto il ruolo dei media all’interno della società.
E’ proprio per l’assenza di un riferimento legislativo certo che, per il Prof. Cheli, molti media, anche di dubbia qualità, sono andati in maniera automatica e spontanea a supplire alle diverse carenze culturali presenti nel nostro Paese. “Gli stessi media si sono infiltrati in certi interstizi ed hanno manifestato palesemente il loro potere di persuasione verso la pubblica opinione, magari con il martellamento continuo di certe immagini o notizie”. E’ sua convinzione infatti che in Italia il pluralismo dell’informazione sia soprattutto un’utopia anziché il puro esercizio di un diritto naturale costituzionalmente sancito. “In fondo da noi – ha proseguito Cheli – i giornali e le TV finiscono per allinearsi a taluni indirizzi imposti dagli editori a cui premono maggiormente gli interessi economici”.
Di diverso avviso le deduzioni sollevate dai membri della tavola rotonda, ciascuno richiamando a titolo di verità la propria esperienza giornalistica, e confermando ciascuno per proprio conto il consolidarsi di una crisi sistemica dell’editoria. E’stata unanime l’opinione secondo cui la crisi della carta stampata sia imputabile ad una oggettiva penuria di lettori, causa a sua volta di discutibili linee editoriale votate alla ricerca del sensazionalismo e dello scoop, pur di mantenere inalterato il volume delle vendite e costante il livello di competitività sul mercato.
Da entrambe le parti si è comunque convenuto sulla necessità di istituire una vera e propria scuola di giornalismo, concordando sulla preminenza della qualità giornalistica delle testate locali rispetto a quelle nazionali.